Mi è capitato di leggere, di recente, il bellissimo libro di Oriana Fallaci sulla conquista della luna, in una riedizione, nel 50° anno dell’impresa avvenuta il 20 luglio del 1969. E’ un romanzo-cronaca straordinario, perché la grande scrittrice visse in prima persona lo storico evento essendo accreditata sul posto, e, con la sua penna magica, descrisse non solo in maniera dettagliata tutte le fasi della preparazione, dell’attesa del lancio, dell’allunaggio e di tutte le complicate e asfissianti procedure del ritorno alla base di partenza e dell’uscita degli astronauti dal modulo, per evitare possibili contaminazioni di persone e cose, dovute sia a ipotetiche sostanze sconosciute, sia alle pietre lunari raccolte dagli astronauti e conservate in sacchetti speciali, ma inserisce, nella sua cronaca, le emozioni, i sentimenti, le paure degli uomini che fecero l’impresa e di chi partecipò all’impresa come coadiutore tecnico e cioè decine e decine di persone che, ognuna nel proprio ruolo, collaborò alla riuscita.
Ho anche letto, quasi in contemporanea, un saggio di Gabriele Romagnoli su “Robinson”, supplemento de La Repubblica, di un altro grande anniversario: 500 anni fa, Ferdinando Magellano, portoghese, circumnavigò il globo terracqueo, dimostrando, senza ombra di dubbio, che la Terra è rotonda, è una sfera. Purtroppo, pur vincendo e dando conferma al mondo della sua idea, non potette goderne il trionfo, perché fu ucciso il 27 aprile 1521 a Mactan, nelle odierne Filippine, dopo una cruenta battaglia combattuta contro Datu Lapu-Lapu, re di Mactan, forte di 1500 uomini mentre egli aveva solo 49 soldati; il suo viaggio di ritorno fu continuato dai suoi compagni di avventura e raccontato poi dal vicentino Antonio Lombardo, detto Pigafetta. Questo racconto, con tutte le peripezie che incontrarono i valorosi esploratori, è così bello ed eccitante, che invito tutti a leggere il libro “Magellano” di Stefan Zweig, scritto nel 1937, ma riedito da Rizzoli, che ripercorre tutto il lungo e drammatico viaggio. Voglio solo ricordare che il viaggio fu intrapreso il 10 agosto 1519 salpando dal porto di Sanlucar de Barrameda in Portogallo, e terminò il 6 settembre 1522 da dove era partito; delle 5 navi salpate, ne tornarono solo due, la prima, “Victoria”, nel 1522, con il capitano spagnolo Juan Sebastian Elcano e 18 superstiti,e, tra questi, due italiani: il Pigafetta che, come abbiamo detto, fu il relatore del viaggio e Pancaldo, che redasse il Diario di bordo detto “Roteiro”. La seconda nave, “Trinidad”, tornò solo nel 1525 senza aver circumnavigato, ma tornando indietro per la stessa rotta di partenza. Dei 234, tra soldati e marinai salpati, se ne salvarono solo 36 e di questi 13 finirono nelle carceri portoghesi di Capo Verde.
Questi due anniversari, distanziati di 450 anni, hanno in comune la straordinaria capacità dell’uomo di non arrendersi mai e di tentare l’inosabile. Ben lo evidenziò il Sommo Poeta facendo parlare Ulisse, l’eroe dell’ignoto, quando si rivolse ai suoi marinai che volevano ammutinarsi per non oltrepassare le Colonne d’Ercole (Stretto di Gibilterra), ritenute il limite della conoscenza; stessa esperienza di Cristoforo Colombo, che, anni prima, si era spinto dove nessuno era giunto prima di lui, e si potrebbero citare tanti altri esempi di uomini temerari che non hanno avuto paura di affrontare l’ignoto, il non conosciuto, il possibile non ritorno, che non è un freno, ma una sfida ancora più esaltante per questi eroi senza paura.
L’impresa di Magellano è forse superiore all’impresa della conquista della Luna, perché mentre questa è il risultato di uno sforzo collettivo, supportato da una tecnologia che esclude l’errore, anche se poi realizzata da un uomo solo, Neil Armstrong, che per primo posò il piede sul suolo lunare il 20 luglio 1969. La circumnavigazione di Magellano fu pensata, voluta e realizzata, contro ogni logica, dal solo Magellano; egli vince e muore prima di godere della sua fortuna, i suoi eredi non avranno nulla della sua immensa fortuna, ma, come dice Stefan Zweig, l’impresa da lui attuata “sopravviverà al navigatore e solo l’umanità intera gli renderà grazie”. Questa frase, “l’umanità intera”, nasconde un’amara verità: spesso i contemporanei non sono in grado di comprendere la grandezza di un’impresa, di un’idea, di uomini che in apparenza tradiscono una bandiera, perché la loro vera patria è la missione, al di là di ogni ostacolo. Magellano concepì la sua ardita impresa sulle carte degli oceani, il suo viaggio dei viaggi fu gestito, da visionario puro, nel chiuso dell’Archivio Reale, le mappe gli si schiusero in una terza dimensione, immaginò il mondo come nessuno l’aveva mai conosciuto e il passo successivo era passare dalla teoria alla pratica e qui ci volle un pizzico di follia, che spesso è necessaria ai sognatori per trasformare i sogni in realtà. Follia lucida, scrive ancora Zweig: “l’eroe va contro la ragione”. Magellano non agì per scopi commerciali, che comunque sarebbero venuti, né per obbligo verso chi aveva finanziato il viaggio, ma solo per dimostrare la giustezza della sua intuizione e soprattutto che quando l’uomo vuole può, non c’è limite alla possibilità umana. Conclude Zweig, nella sua biografia: Magellano ha dimostrato per l’eternità che un’idea, se ispirata dal genio, se sorretta da una tenace passione, è più forte di tutti gli elementi naturali, e che l’individuo singolo, con la sua piccola vita fugace, è pur sempre in grado di trasformare in realtà e in verità imperitura quello che a centinaia di generazioni è apparso puro sogno illusorio”.
A noi rotariani, impegnati nel sogno di Paul Harris di rendere l’umanità migliore, più comprensiva, più rispettosa della dignità dell’uomo e del suo bisogno di uguaglianza e fratellanza, questi straordinari traguardi raggiunti con la costanza, l’intelligenza, la perseveranza, e, perché no, con la follia, non devono apparire irrealizzabili, ma essere di sprone ad impegnarci sempre di più per renderli concreti e concorrere alla Pace universale.
Pasquale Simonelli


