Il vischio.
Un’antica usanza del periodo natalizio, ma soprattutto di Capodanno, è quella di regalare rami di vischio da appendere sulla porta di casa come simbolo beneaugurante. Secondo Plinio il vecchio questa usanza risale a un rito pagano di fertilità dei sacerdoti celtici, i Druidi vestiti di bianco, che coglievano il vischio di quercia al 6° giorno della Luna e poi sacrificavano 2 tori bianchi (come le nuvole apportatrici di pioggia) e le cui corna rappresentavano il potere della Luna. Il vischio poi serviva a preparare una pozione miracolosa risanatrice e apportatrice di sapienza ed immortalità. Secondo una leggenda che risale a 4.000 anni fa fu Dio a rivelare a Rama, sacerdote pagano, la formula per estrarre dal vischio un potente rimedio contro i mali. Del resto ancora oggi il succo della pianta, pur essendo velenoso, viene adoperato dalla medicina omeopatica. Il vischio miracoloso, però, era solo quello che alla luce della Luna si trasformava in un “ramo d’oro”, quello che permise a Enea di entrare nel regno dei morti e che noi riproduciamo tingendo le bianche bacche della piantina. Ancora oggi in Germania il vischio viene appeso sulle porte delle stalle per propiziare la fertilità degli animali e tenere lontano gli spiriti del male. Il vischio dunque è una pianta beneaugurante che non dovrebbe mancare in nessuna casa a Natale, anche perché si dice che se a Capodanno ci si bacia sotto i suoi rami l’amore e la concordia dureranno per sempre.
L’agrifoglio.
Anche l’agrifoglio è una piantina del periodo natalizio e l’uso di donarla accompagnandola dagli auguri risale a una antica leggenda della Groenlandia di più di mille anni fa. Si tramanda che il famoso navigatore vichingo Erik il Rosso approdando in quella terra donò a una fanciulla una pianta dalle bacche rosse come il fuoco dell’amore, che augurò le scoppiasse presto nel cuore. L’augurio si avverò e l’arbusto miracolosamente attecchì in quella terra gelida. Fu per questo che l’agrifoglio colto dai vichinghi sui Balcani della Scandinavia diffuse il tutto il mondo il suo significato augurale.
Il presepe.
Secondo la tradizione la nascita del presepe è dovuta a San Francesco d’Assisi nel 1223. Egli si trovava in un convento a Greccio quando la notte di Natale, si dice limpida e stellata, ebbe l’idea di poggiare a terra in una grotta un po’ di fieno e poi ordinò al suo fedele seguace Giovanni Vellita di portargli un bue e un asino, quindi fece vestire gli abitanti di Greccio come i personaggi del presepe e davanti a questa rappresentazione fu celebrata la messa di Natale dal Cardinale Ugolino di Segni, durante la quale Francesco spiegò il Vangelo. Tra la gente dei villaggi vicini che assistette alla celebrazione vi fu un cavaliere che disse di aver visto tra le braccia di Francesco il bambino Gesù. Non c’è nessun affresco contemporaneo o successivo che rappresenti questo miracolo; esso però viene ricordato nella tradizione orale. Il fieno della grotta fu poi diviso fra tutti i presenti che lo tennero come una reliquia e protezione contro le pestilenze e le guerre. Bisogna dire, però, che la natività era già celebrata nei secoli precedenti e veniva impersonata dai fedeli, però fu San Francesco a dare l’idea di creare il presepe con le caratteristiche che noi conosciamo. Un famoso presepe è quello di Arnolfo di Cambio che lo realizzò nella Cappella Sistina di S. Maria Maggiore a Roma attorno ad alcune assicelle di legno, esigue reliquie della culla del Bambino Gesù, arrivate miracolosamente da Betlemme. Un presepe con caratteristiche più chiare è quello di Nicola Pisano sul pulpito di Siena, infatti in esso sono presenti il bue, l’asinello, i pastori e la grotta con la mangiatoia. Questo è il modello che dal Rinascimento sarà adottato in seguito fino ai giorni nostri in ogni luogo. Molto rinomati sono i presepi napoletani, pugliesi e siciliani dell’epoca barocca; tra questi ricordiamo quello conservato alla Reggia di Caserta, ricco di personaggi vestiti con pregiate sete di San Leucio, e il presepe Cuciniello, dal nome dell’architetto collezionista di pastori del 700, che lo donò al Museo di San Martino. Molto belli anche i presepi in terracotta invetriata della scuola dei Della Robbia.
Da quella notte di Natale del 1223 l’usanza di creare il presepe anche nelle case si diffuse ovunque e ognuno da allora lo ha allestito secondo il proprio gusto, per lo più con materiali poveri come la carta, le casette di cartone, pastori di gesso… per la gioia e il divertimento dei bambini partecipanti all’allestimento, ma anche degli adulti, perché no. C’è stato però un periodo in cui invece del presepe si è preferito allestire l’albero, ma ora sembra che ci sia un risvegliato interesse che da qualche anno fa sì che esso stia riconquistando il mondo, riscoprendone l’alto valore spirituale che animò San Francesco. E’ questo il motivo per cui il nostro Papa in visita a Greccio il 2 dicembre scorso ha rivolto l’invito a farlo a casa e in tutti i luoghi pubblici, senza strumentalizzarlo e spiegando il suo significato. “La cometa e gli angeli ci indicano la strada per raggiungere la grotta” “Le montagne, i ruscelli, le pecore ci ricordano che tutto il creato partecipa alla festa della venuta del Messia” “I poveri, i pastori, gli umili, i personaggi dei mestieri, i bambini sono i privilegiati del mistero della nascita di Gesù bambino”. Dice infine Papa Francesco: “Nascendo nel presepe Dio stesso inizia l’unica vera rivoluzione che dà speranza e dignità ai diseredati, agli emarginati: la rivoluzione dell’amore, la rivoluzione della tenerezza”. E’ questo il significato del presepe, questo è il suo messaggio universale, perciò bisogna continuare a mantenere la “consuetudine di allestirlo non solo nelle case ma anche nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle piazze…”
BUON NATALE E BUON ANNO NUOVO
Mena Merola Vitale