Le analogie, per certi aspetti, sono sorprendenti e inesplicabili. La Lombardia, il Veneto e l’Emilia-Romagna, oggi le più colpite dal Covid – 19, corrispondono alla stessa area che colpì nel secolo XVII la peste del 1630, mirabilmente descritta dal Manzoni ne I promessi sposi. Certo, quello era un contesto igienico-sanitario di estrema precarietà, cui si sovrapponevano in modo preoccupante povertà ed ignoranza; ma i fatti, in qualche modo, sembrano ripetersi, con diversi elementi di affinità.
Secoli prima, nel Trecento, un’altra grave epidemia aveva colpito molte città del centro-nord, in primo luogo Firenze: è la peste che ci racconta il Boccaccio e sulla quale costruisce il Decameron, pietra miliare della letteratura mondiale.
Ed eccoci ad oggi, una nuova “peste” investe gli Italiani, provocando una vera e propria tempesta emotiva. Nel breve giro di pochi giorni hanno prima cominciato ad osservare un nemico lontano e astratto, in Cina, per vederlo poi via via avvicinarsi e impossessarsi della vita quotidiana di tutti noi.
E’ passato più di un mese dalla scoperta dei primi casi di coronavirus in Italia, a Codogno (Lo) come ad Alzano Lombardo (BG), in Lombardia, la regione più pesantemente colpita dal morbo, e tutto è cambiato velocemente: le abitudini, gli umori, la situazione sanitaria ed economica.
Un evento eccezionale, un momento storico che verrà ricordato a lungo dagli Italiani, costretti a restare tappati in casa e a rompere ogni rapporto sociale e umano, per cercare di contenere il contagio del Covid -19, che sta provocando un ‘ecatombe, che forse si sarebbe potuta evitare se le prime avvisaglie non fossero state sottovalutate: ad oggi, già migliaia di morti solo in Italia, soprattutto tra la popolazione anziana, senza contare ciò che sta succedendo a livello mondiale.
A quando la ripresa normale della nostra quotidianità, tanto condizionata e minacciata da un virus sconosciuto, subdolo, pericoloso, estremamente aggressivo?
Certamente andrà per le lunghe, e intanto l’epidemia, diventata pandemia, continua a mietere vittime, specie nel Nord Italia, senza dimenticare i gravissimi danni che sta provocando all’economia nazionale. Ogni attività produttiva, da quella industriale a quella artigianale, ai cantieri, è interrotta ormai da tempo, cui è seguita la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, a tempo indefinito. Gran parte delle nostre istituzioni scolastiche hanno meritoriamente attivato iniziative didattico-educative a distanza, al fine di non interrompere l’azione educativa in atto, anche se tuttavia è venuto a mancare, giocoforza, il rapporto umano con gli alunni, essenziale nel processo formativo delle giovani generazioni.
Si avvicina la Santa Pasqua, ma sarà una Pasqua particolare, diversa, sofferta, che ci terrà lontano dagli affetti più cari, per via dei divieti di circolazione e di trasferimento da un paese all’altro, imposti dall’Istituto Superiore di Sanità, dal Governo nazionale e dalle Regioni, per limitare i danni del contagio, a tutela della salute pubblica.
Il ritorno alla vita normale si avrà solo quando lo riterranno opportuno tali Istituzioni, ossia solo quando non si correranno più rischi per la salute collettiva; speriamo al più presto.
L’esito positivo della grave emergenza che stiamo vivendo, senza ombra di dubbio, dipenderà dal rispetto assoluto che avremo delle norme prescrittive dettate dai citati istituti.
E da noi, per il momento, i dati sono incoraggianti. Leggevo poc’anzi, su “Caiazzorinasce”, la notizia: “Coronavirus, pochi i positivi nei paesi del Matese, cittadini rispettosi delle regole”.
Questo ci fa piacere, ci inorgoglisce e ci onora.
Mai come adesso dobbiamo essere tutti responsabili perché siamo nella stessa barca, responsabili e ottimisti: insieme ce la faremo!
Gino Tino
