Dopo un lungo periodo di restrizioni ci siamo finalmente incontrati, fisicamente, per un caminetto, ed abbiamo potuto riassaporare, diciamo così, la ricchezza di un contatto umano che non ha riscontro in quelli a distanza,comunque perfetta sia la tecnologia usata.
Nel tempo del Covid abbiamo avuto l’esperienza di vivere come monadi e, per quanto mi riguarda, ne ho riscontrato da un lato la necessità e dall’altro il grande impoverimento emozionale.
Nel rapporto telematico, noi a tutti gli effetti siamo soli, e questo alla fine può stimolare il pensiero e le riflessioni.
Da anni nel nostro club ricopro l’incarico di FORMATORE.
Queste poche righe si propongono di portare alla vostra attenzione una problematica sotterranea che riaffiora periodicamente nelle visite dei nostri Governatori.
Il lungo silenzio mi ha portato a riflettere sul problema della formazione del socio e sull’eterno problema che è dell’uomo prima ancora che del socio: la vecchiaia e la gioventù.
Troppo spesso da qualche anno sento parlare della necessità di avere soci più giovani e di una età media complessiva minore: in altri termini il Rotary invecchia, con tutte le inevitabili conseguenze.
Il problema così posto può essere corretto, ma il discorso non esce mai dal generico”soci più giovani” ed a mio avviso non produce linee di azione particolari, a meno di non voler modificare le modalità di accesso e le specifiche caratteristiche del socio.
Non mi passa nemmeno lontanamente per la mente ripercorre ancora una volta la storia della nascita del Rotary e dei suoi fini che fanno oramai parte del mito, e che descrissi in un mio precedente articolo ma ricordare alcune condizioni necessarie ancora oggi per la cooptazione di un socio non è forse inutile,.
Sintetizzando sono : posizione di Leader nella professione o negli affari, la classifica relativa al tipo di attività, luogo di residenza o luogo di attività.
Do per scontata la conoscenza delle altre qualità morali e di impegno che sono le caratteristiche che portano alla cooptazione e che sono preliminari alla stessa.
In altri termini il socio deve essere già rotariano nella sua condotta e nel suo sentire e nel suo impegno prima di entrare in un club.
L’osservanza di queste norme che a ben vedere sono fortemente limitative all’accesso, hanno fatto del Rotary una associazione elitaria con conseguente grande prestigio, un prestigio divenuto nel tempo sempre maggiore grazie alla diffusione ed alle opere di impegno planetario che che lo vede attore di rilievo.
La formazione successiva dovrebbe dare al nuovo entrato la conoscenza dello statuto, dei regolamenti, delle procedure e avviarlo a sintonizzarsi nelle azioni e nelle progettualità specifiche di quel club e inserirlo nella vita sociale dello stesso: altro non vedo.
Altrettanto impegnativo rimane peraltro il contributo associativo del singolo socio.
Ma oggi quali sono i tempi in cui si maturano le condizioni lavorative ed imprenditoriali che consentono di poter entrare in un club a pieno titolo sia di carriera, sia economico, sia di tempo disponibile? Perché, ricordiamolo, tutti e tre questi fattori sono importanti.
Per mia esperienza personale ricordo che parlando con il caro amico Antonio Filangieri, all’epoca componente la Deputazione del Consorzio di Bonifica del Sannio Alifano di cui ero il Presidente, declinai con rammarico l’invito a diventar socio del Club di Caserta per la mancanza di tempo da dedicare a questa attività.
Il Club di Piedimonte era di là da venire.
Se noi valutiamo nella nostra esperienza di quanto frequente sia stato il fenomeno della entrata ed uscita di giovani soci e la paragoniamo ad una classe più avanzata ci accorgiamo della entità di questo parametro, volendo escludere l’assenza di motivazioni legate ad impegno ideale di facciata.
Il maggior numero di ingressi stabili, a ben vedere, riguarda una classe di età dai quaranta anni in su, una classe che si è anche dimostrata più stabile, e più attiva negli impegni da perseguire.
L’aumento della durata della vita e delle migliori condizioni di salute ha fatto sentire il suo peso anche in questo campo, sicché non esito ad affermare che una classe fra i 55 d i 70 anni ha una permanenza ed efficienza non inferiore a classi più giovani.
Ed allora il problema dei giovani nel Rotary è un problema reale o no ? E se lo è quali sono le soluzioni?
Il Rotaract che è la fucina del futuro socio termina troppo presto perché il giovane traslochi nel club maggiore, avendone i requisiti: forse dovremmo aumentare l’età di dismissione e creare una classe di attesa.
L’aumento del numero dei club ha nel tempo reso più vicino al territorio le nostre strutture e non v’è dubbio alcuno che la stessa riduzione territoriale del distretto che ci vede interessati vada in tal senso.
Se l’aumento del numero di soci può in prima istanza dare importanza al club per tutti i motivi collegati, non sono sicuro che al di là di certi numeri non peggiori altre qualità quali l’amicizia tra soci, la consonanza operativa, le difficoltà decisionali.
L’esperienza di tanti anni e la disamina sull’argomento mi confermano nella convinzione che il numero ottimale si estenda fra i quaranta ed i sessanta componenti.
Rimane il problema sostanziale della cooptazione dei soci.
Sul Portale del Rotary ho letto di recente come esso si autodefinisce:” Il Rotary è una organizzazione di esponenti delle più svariate attività economiche e professionali che lavorano assieme a livello ed i mondiale per rendere un servizio umanitario alla società, per incoraggiare il rispetto di elevati principi etici nell’esercizio di ogni professione e aiutare a costruire un mondo di amicizia e di pace”.
Le dichiarazioni di principio sono sempre di ampia portata, questa accenna una risposta generica alla domanda iniziale, ma apre ampi varchi di discussione.
Io spero che i nostri statuti conservino le norme tradizionali e fondamentali che nel tempo hanno selezionato una elite che ha saputo essere guida e non seguace, ideale ed operativa nello stesso tempo, selettiva e non classista.
Un sentiero ormai secolare, una strada sicura di una associazione che si distingue da ogni altra, che dà e riceve prestigio dai soci che la compongono e che si propongono come esempio nel lavoro e nel “service”, una via retta da seguire senza compromessi e giravolte, avendo sempre presente una grande verità storica: dove non c’è libertà non c’è il Rotary.
Ercole De Cesare
