Propongo il primo di quattro articoli-pillola scritti per il Progetto sull’Educazione allo Sviluppo Sostenibile della Caritas e Università Vanvitelli
L’Economia Circolare è parte del più ampio modello di sviluppo sostenibile che va sotto il nome di Economia Civile.
L’Economia Civile, che è pur sempre una economia di mercato, mette al centro dell’attività economica il “bene comune” e la “collettività’”.
È nella tipologia di bene finale da ottenere che l’economia civile si differenzia dall’economia di mercato capitalistica: per quest’ultima, è il bene totale calcolato come sommatoria dei livelli di benessere dei singoli, laddove la prima ha assunto come fine proprio del suo agire il bene comune inteso come produttoria dei livelli di benessere dei singoli.
Orbene, si sa che in una somma l’azzeramento del benessere di qualcuno non incide sul risultato finale; in un prodotto, viceversa, l’azzeramento anche di uno solo dei livelli di benessere comporta l’annullamento dello intero risultato finale.
Come detto, l’economia circolare è parte e strumento della realizzazione degli obiettivi dell’economia civile. Essa può sintetizzarsi e semplificare nel concetto “riutilizzare anziché gettare”, favorendo la drastica riduzione dello sfruttamento delle risorse e della produzione di rifiuti, con tutte le intuibili favorevoli conseguenze sull’ambiente.
Si contrappone all’economia lineare il cui assunto è che la vita di ogni prodotto si sviluppa in cinque tappe: estrazione, produzione, distribuzione, consumo e smaltimento.
Abbiamo un po’ tutti in mente l’esempio della plastica che da rifiuto altamente dannoso per gli ecosistemi si può trasformare in nuova materia prima per creare nuovi oggetti che al termine del loro ciclo di utilizzo diverranno nuova materia prima riducendo e quasi azzerando gli scarti.
Ma è bene evidenziare che non si tratta soltanto di una più corretta gestione dei rifiuti per consentire il loro riciclo, ma anche di sviluppare nuove tecnologie e processi produttivi e prodotti che consentano lo sfruttamento dei rifiuti nell’ottenimento di nuovi beni.
Non a caso, la UE ha emanato direttive volte a disciplinare e incentivare negli stati membri l’attività di riciclo. Si fa riferimento alle direttive componenti il cosiddetto “pacchetto sull’economia circolare” il cui recepimento dalla normativa italiana si è avviato nell’Agosto del corrente anno, attraverso l’emanazione di decreti che affrontano i seguenti argomenti:
1. Veicoli fuori uso (direttiva UE 2018/849 UE art.1);
2. Pile ed accumulatori e relativi rifiuti, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche-RAEE (direttiva UE 2018/849 art.2 e 3);
3. Discariche (direttiva 2018/850 UE);
4. Gestione dei rifiuti, imballaggi e relativi rifiuti (direttive 851/ 852).
Secondo la Commissione UE, le nuove direttive dovrebbero comportare un risparmio di materie prime di 400 miliardi di euro (il 24% a parità di produzione) per l’industria europea e di 12 miliardi per l’Italia grazie ad una maggiore circolarità dell’economia.
A tali decreti si sono aggiunti regolamenti nazionali per la disciplina dell’end of waste (cioè della cessazione della qualifica di rifiuto) di importanti settori dei rifiuti riciclabili: pannolini e assorbenti (15 marzo 2019); gomma vulcanizzata (marzo 2020); carta e cartone (settembre 2020) ed è in corso quello sui rifiuti dell’edilizia.
Ma vi è di più. Il “Piano nazionale di ripresa e resilienza” prevede, nell’ambito della Missione 2 “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, cui sono destinate risorse per quasi 70 miliardi di euro, investimenti e riforme per l’economia circolare e la gestione dei rifiuti, per raggiungere target ambiziosi come il 65 per cento di riciclo dei rifiuti plastici e il 100 per cento di recupero nel settore tessile.
Tutto ciò a conferma che la modernizzazione dell’economia comporta il completo abbandono di paradigmi produttivi ormai superati.
Peraltro, vi sono già tantissimi esempi di imprese che in Italia negli ultimi anni hanno indirizzato il proprio business verso l’economia circolare.
L’Atlante dell’Economia circolare in Italia, consultabile al link https://economiacircola-re.com/atlante/, ha 256 schede che descrivono iniziative imprenditoriali di successo che hanno già saputo progettare e sviluppare nuove idee produttive basate sul riciclo e riuso di materiali di scarto.
In Campania, sono presenti tali tipologie di aziende nei campi più disparati che comprendono agricoltura, zootecnia, imballaggi, tessile, alimentare, edilizia fino al settore dell’educazione e consulenza.
Particolarmente interessante ed esemplificativa è l’iniziativa “100% Campania” che ha creato una rete tra le aziende fondatrici, tutte campane, con l’obiettivo di sviluppare pro
dotti innovativi e sostenibili nel settore imballaggi, a partire dal macero della raccolta differenziata secondo una catena di valore locale.
In Campania, ogni anno vengono raccolte 180.000 tonnellate di macero di carta: non tutto questo macero viene utilizzato e lavorato nella nostra Regione, buona parte va sul mercato nazionale se non all’estero.
Per comprendere il valore di un ciclo di trasformazione di prossimità, basti considerare che 100.000 tonnellate di carta della raccolta differenziata trasformate nel territorio corrispondono a 300 posti di lavoro ed oltre 80 milioni di valore aggiunto.
L’Economia Circolare è, quindi, stretta¬mente connessa ed interagisce con lo sviluppo di nuovi modelli di business, che non solo promuovono la salvaguardia ambientale e la sostenibilità, ma rappresentano anche una importante opportunità di espansione economica dei territori e dell’occupazione.
Sergio Ferrajolo
